La paura è una delle nostre emozioni di base, forse la più importante, è la spinta alla conservazione che ci attiva, ci permette di evitare il pericolo e di sopravvivere. Capita però che,  in conseguenza di un evento particolare o solo per un dubbio che con il tempo si è fatto strada nella mente diventando un enorme tarlo, questa emozione ci travolga e ci porti a vivere momenti di puro terrore. Il panico ha sì una durata breve ma talmente devastante per chi lo prova, da arrivare a temere la morte improvvisa. Battito accelerato, aumento della sudorazione, stretta allo stomaco o alla gola, sensazione di soffocamento e giramenti di testa sono alcuni tra i sintomi che la paura può innescare nell’organismo. Impossibile da spiegare a chi non l’abbia sperimentato in prima persona. Le forme del panico possono essere le più disparate e vanno dalla fobia per un oggetto o a animale specifico, alla paura per una “situazione temuta”.  -Vi è capitato di sentirvi come se aveste improvvisamente una corda al collo che vi lascia senza respiro? Oppure di essere pervasi dalla paura e sentirvi come un topolino in un labirinto senza uscita?-

Nella maggior parte dei casi non è un evento in se a far comparire la sintomatologia fobica ma piuttosto le modalità con le quali la persona reagisce alla paura dell’evento e ciò che farà per evitarla.

A seguito di un primo evento percepito come “pauroso” o solo a seguito di un dubbio in relazione alla paura sperimentata, cominciano a strutturarsi una serie di pensieri ossessivi (cioè atti a mantenere il controllo) ed un vissuto di terrore legato a ciò che potrebbe accadere nel futuro. Queste dinamiche alimentano ancora di più un controllo ossessivo della propria realtà.

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La paura è una delle nostre emozioni più importanti, non è la qualità ma la quantità a renderla a volte disfunzionale e addirittura patologica

Solitamente i soggetti affetti da questo disturbo iniziano ad evitare quella che credono essere la causa scatenante della loro paura e le situazioni correlate. Il dubbio che la paura possa essere vissuta anche in altri ambiti o situazioni della propria vita, porta le persone in poco tempo ad evitare quasi tutto.  Questo comportamento, se in un primo momento rassicura e tranquillizza per la certezza dello scampato pericolo, a lungo andare rende la persona incapace non solo di affrontare situazioni nuove e incontrollate ma anche piccole sfide giornaliere in quanto si abbassano i livelli di soglia della paura: nello sforzo di evitare quasi tutto, nella percezione del soggetto relativa ad una specifica situazione o stimolo la paura aumenta talmente tanto che anche la minima esposizione provocherà panico.

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Allo stesso tempo i soggetti che soffrono di attacchi di panico si affidano alle persone intorno chiedendo aiuto. Anche questa modalità che può sembrare funzionale ad un occhio non esperto non farà altro che alimentare il proprio senso di incapacità di fronte alla situazione problematica. La sua ripetitività nel tempo non farà altro che aumentare la percezione della gravità della situazione e condurrà inevitabilmente ad un peggioramento della sintomatologia.

Il fatto che molto spesso chi soffre di questo problema riconosca che la sua paura non è legata all’evento scatenante piuttosto alla “paura della paura” ci dimostra bene quanto non sia rilevante (per la risoluzione del problema) l’andare alla ricerca delle cause (cadremmo così solo in interpretazioni) ma sia invece necessario lavorare sulle “tentate soluzioni” messe in atto dai soggetti al fine di rendere funzionale un equilibrio diventato disfunzionale (Nardone, G., 1995). Neanche un approfondimento nella “consapevolezza” sarebbe efficace poiché quello che ci interessa per aiutare la persona affetta da disturbo fobico è lo studio del funzionamento del problema e di come questo si alimenta.

POSSIAMO SUPERARE IL PANICO IN TEMPI BREVI?

La risposta è sì. L’approccio strategico ormai da molti anni si è distinto per la sua efficenza (risolvere problematiche in tempi brevi). Rispetto ad altri approcci non va alla ricerca della/delle cause per la risoluzione di un problema (perché a seconda delle teorie di riferimento potremmo dare interpretazioni diverse) ma studia come un disturbo si “alimenta” e “l’impalcatura” che ha reso possibile la sua crescita. In sostanza si studiano tutte quelle azioni concrete che se messe in atto non fanno altro che alimentare il problema. Da qui, attraverso delle manovre specifiche protocollate da un’esperienza di successo trentennale, si giunge, attraverso delle prescrizioni pratiche, ad una diminuzione significativa della sintomatologia e all’estinzione del problema. Per “tempi brevi” non intendiamo certo 2/3 incontri ma certamente una tecnica che funzioni non può durare anni…

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Bibliografia:

Nardone, G. (1993) Paura, panico, fobie.. La terapia in tempi brevi. Ponte alle Grazie, Milano.

Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R. (1974). Change. Astrolabio, Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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