“La ricetta della felicità con la pillola è una delle più grandi mosse di marketing dell’ultimo secolo”

ESTRATTO DAL LIBRO Il tocco, il rimedio, la parola -Roberta e Simona Milanese-Ponte alle Grazie

cit: …dobbiamo evitare di somministrare psicofarmaci con leggerezza. Perché come sostiene Frances (2013) “se la diagnosi psichiatrica comunica che occorre usare medicine, è vero anche il reciproco, che più medicine hanno comunicato che ci dobbiamo sentire più fragili e più malati e di malattie croniche che hanno bisogno di farmaci per tutta la vita”. Questa idea ha portato a prescrivere pillole a tutti, creando l’idea insana che i problemi psicologici o psichiatrici siano malattie con cause chimiche. Ancora oggi gran parte delle terapie nei disturbi psicologici viene somministrata e gestita da medici specialisti in neurologia, con criteri nosologici equivalenti alle malattie di interesse medico e neurologico. E’ tutt’ora utilizzata la similitudine tra malattia mentale e diabete. Così come nel diabete, mancando l’insulina, la terapia consiste nella somministrazione farmacologica di antidiabetici per tutta la vita, analogamente, nelle malattie mentali, mancando qualche neurotrasmettitore, occorre somministrarlo artificialmente anche per tutta la vita (Nardone, Salvini, 2013). Tuttavia questo assioma non è dimostrato, perché in psichiatria non esiste nessun legame biologico oggettivo che testimoni della veridicità delle ideologie. L’aspetto più sottovalutato dei farmaci psicotropi è che, oltre all’effetto chimico, vi è un effetto di cattiva comunicazione fra il farmaco e la mente: “Se una volta preso il farmaco sto meglio, è merito del farmaco (da solo non posso riuscire), se continuo a stare male, la colpa è mia”(da solo non posso riuscire). In ogni caso l’assunzione si trasforma in una svalutazione delle risorse della persona”. Non tutte le difficoltà sono problemi psicologici o psichiatrici. La tendenza, che viene da oltreoceano, è di psichiatrizzare tutte le sensazioni e le reazioni umane.

Gli psicofarmaci lavorano a livello di “reazioni” possono cioè in questi casi sedare  o modificare gli effetti indesiderati di chi soffre di un disturbo psicologico come gli attacchi di panico. Chiaramente il farmaco ha l’obiettivo primario di bloccare l’attivazione fisiologica scatenata dalla paura ma non blocca la percezione della paura o dello stimolo fobico. Se qualcuno compie più volte un movimento errato, è molto probabile che si infiammerà un’articolazione, egli potrà certamente assumere un anti-infiammatorio (che eliminerà in parte la sintomatologia) ma continuerà a compiere gli stessi movimenti in modo errato che con molta probabilità continueranno a creare il problema.

Se i farmaci possono rappresentare in taluni casi gravi un primo intervento riparatorio e “contenitivo”, essi non sembrano efficaci per l’estinzione del problema. Non deve poi essere sottovalutato l’effetto per cui a volte gli psicofarmaci aumentano la sensazione della propria incapacità rendendo il disturbo ancora più forte e percepito come “inevitabile”. Per questi motivi, anche quando si renda necessario l’utilizzo di sostanze psicotrope, esse dovrebbero essere sempre accompagnate da un percorso psicoterapeutico e si dovrebbe necessariamente evitare di assumerli per periodi troppo prolungati.

Come tutti i medicinali dovrebbero seguire un programma temporale ben preciso con un periodo di scalaggio e un periodo di fine cura. La tendenza invece pare essere quella di una terapia farmacologica per tutta la vita oppure a discrezione del paziente una cura “al bisogno” con tutti gli effetti negativi di tale strategia non risolutiva

Pic Credit: @artfucker

Dott. Paolo Fratagnoli Psicologo Psicoterapeuta specialista in Psicoterapia Breve Strategica ad Arezzo e Siena (Asciano)

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