Sono le nostre aspettative, le credenze, i pregiudizi, insieme con i nostri bisogni, motivazioni ed emozioni, ciò che ci fa attribuire significati diversi alle cose. In questo modo soggettivo, più o meno consapevolmente, mettiamo in atto questo o quel comportamento”.

La nostra percezione soggettiva delle cose determina ciò che facciamo, diciamo, pensiamo. Le cose stanno lì, la realtà esiste, ma ognuno dà loro il proprio significato.” 

Le nostre aspettative (ciò che crediamo accada) hanno un effetto importantissimo sulla nostra realtà, basti pensare al famoso effetto “placebo” per cui pazienti ignari di aver ingerito solo poche gocce di acqua, dichiaravano di percepire effetti attribuibili solo al farmaco come la completa scomparsa di un dolore. Le aspettative, attingendo dai nostri schemi mentali derivati dalle esperienze passate hanno il potere di farci focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti della realtà piuttosto che su altri contribuendo in tal modo a farci creare la nostra personalissima soggettiva realtà. Le aspettative modificano la nostra struttura percettiva influenzando la motivazione: se credo possibile e vicino un certo traguardo sarò più disposto ad investire, a sacrificarmi, se al contrario non credo possibile un obiettivo o impossibile una certa realtà, non proverò nemmeno ad investire energia.

Una realtà inventata produce effetti concreti

Le aspettative hanno un grande potere di influenzamento sugli altri e sulle nostre relazioni sociali. L’effetto “Pigmalione” si riferisce ad un famoso esperimento condotto da Rosenthal negli anni sessanta in una scuola californiana. Agli insegnanti di una classe furono indicati alcuni studenti come “particolarmente dotati” e con caratteristiche decisamente sopra la media. Qualche anno dopo proprio quelli avevano davvero raggiunto risultati scolastici migliori rispetto ai compagni anche se il gruppo era stato scelto completamente a caso, cioè l’informazione iniziale data agli insegnanti era falsa. I maestri, partendo dall’assunto della veridicità dell’informazione avevano investito molto di più su quei ragazzi che sugli altri sia in termini di attenzioni che di richieste, li avevano stimolati maggiormente e probabilmente avevano creato relazioni più “fertili”.

“Uno dei più interessanti fenomeni psicologici dagli enormi risvolti sociali e personali è senza dubbio l’effetto «profezia che si autorealizza»”(Merton, 1949) …Come si può ben comprendere, il formidabile potere di una notizia che evochi qualcosa di paventato innesca delle reazioni che il più delle volte finiscono per realizzare ciò che si teme anziché evitarlo.” Questo in particolare è ciò che accade spesso nei disturbi fobici e che alimenta il problema

(Passi di: Giorgio Nardone, Simone Tani. “Psicoeconomia”)

Le aspettative modificano le nostre percezioni e i nostri comportamenti. Negli ultimi anni anche il mondo medico sottolinea sempre più l’importanza dei fattori psicologici nel decorso di una malattia.

Effetto etichettamento

Altro fattore da non sottovalutare, legato alla profezia che si autoavvera è quello dell’etichettamento diagnostico che può avvenire sia in psicologia clinica che in psichiatria. Dal momento che una diagnosi è stata espressa, qualsiasi comportamento avvenga, viene necessariamente ricondotto e giustificato nello schema del disturbo designato. Poniamo l’esempio (come realmente è avvenuto) che sia stato fatto un errore di scambio di persona tra un paziente psichiatrico e una persona del tutto “normale”. Qualsiasi comportamento di ribellione del “finto paziente” sarà la conferma del disturbo diagnosticato. La diagnosi crea una realtà “sui generis” che a sua volta giustifica tutte le misure cliniche.

“l’effetto labeling è stato descritto in una ricerca di D. L. Rosenhan (1973). Un gruppo di otto pseudopazienti, tra cui psicologi e psichiatri, decisero segretamente e a scopo di ricerca, di presentarsi in vari ospedali lamentando sintomi e disturbi di natura psichiatrica (sentivano voci). Furono tutti ricoverati in reparti di psichiatria. Dopo qualche giorni di ricovero avrebbero dovuto mostrarsi per quello che erano, e cioè “sani”. Tutte le volte che gli veniva chiesto come stavano, rispondevano, come d’altra parte era vero, che si sentivano bene, che non sentivano voci, che non avevano più nessuno dei sintomi psichiatrici per cui erano stati ricoverati con la diagnosi di schizofrenia, né altri sintomi. Malgradiciò, tutti vennero dimessi dopo giorni e settimane di ricovero con la diagnosi di schizofrenia, anche se in remissione. Gli unici che si accorsero del “gioco” furono gli altri pazienti che riconobbero gli “infiltrati”. Una falsa etichetta crea una realtà vera: il ricovero in psichiatria. L’overdiagnosis sta trionfando particolarmente nella psichiatria. Una voce autorevole come quella di Allen Frances (2013), autore del DSM IV, riporta le prove dell’inflazione diagnostica sottolineando come alcuni disturbi psichiatrici, tra cui il bipolarismo, l’autismo e il deficit di attenzione, abbiano avuto un incremento statistico fino a quaranta volte superiore negli ultimi quindici anni, una vera e propria epidemia che si poggia su dati gonfiati, così come per i disturbi d’ansia e la depressione, alimentando di conseguenza le aziende farmaceutiche.”

Estratto da: Il tocco, il rimedio, la parola-Roberta e Simona Milanese- Ponte alle Grazie (2015).

Qualsiasi diagnosi (per quanto correttamente formulata) non da alcuna garanzia di soluzione anzi, è per alcuni aspetti vero il contrario. L’etichetta ha un potente potere induttivo cioè le persone sono portate a percepire realtà e sviluppare comportamenti consoni con la diagnosi e con ciò che ci si aspetta da essa. Questo effetto si realizza tanto più quando “l’etichettato” non ha conoscenze critiche per contestare l’argomento (come nel caso dei bambini). Il linguaggio è importante poiché “crea” realtà.

La profezia che si autoavvera

Questo fenomeno è da tempo noto anche in campo economico e finanziario. Per esempio, voci su un’imminente scarsità di un qualche bene pubblico scatenano accaparramenti che causano, nel brevissimo periodo, la vera scarsità di quel bene. Voci sull’imminente crollo di un titolo in borsa, possono davvero causare il crollo profetizzato proprio perché tutti lo venderanno. Spesso in ambito clinico si riscontra lo stesso fenomeno ad esempio, il fobico “crea” una sua realtà e profetizza un futuro che crede necessariamente vero, si difende in anticipo attraverso l’evitamento e nel fare ciò, inconsapevolmente, mantiene e alimenta il problema creando le basi perché si verifichi ciò che teme maggiormente.

“Chi è convinto che solo la sua realtà è quella vera, la difende fino all’ultimo, perché conclude che non può essere ciò che non deve essere”

CiT: “Chi è convinto (a prescindere dai motivi) che lo si disprezzi, crea, a partire da tale supposizione, una realtà interpersonale che conferma ogni giorno la sua convinzione. Il suo comportamento diffidente, facilmente suscettibile, ostile, produrrà negli altri l’atteggiamento che lui si aspetta, cosa che gli dimostrerà ancora una volta che il mondo è fatto così” (Watzlawick, 1988).

“CIO’ CHE CREDIAMO O CI ASPETTIAMO…..POI COSTRUISCE LA NOSTRA REALTA’ “.

Conoscere questi effetti è molto importante poiché possiamo impegnarci a orientare gli eventi nella direzione desiderata e possiamo così influenzare le relazioni con noi stessi, con gli altri e con il mondo.

Se ritengo che il mio prossimo non sarà in grado di riuscire in qualcosa e lo tratterò di conseguenza, parteciperò in qualche misura al suo fallimento. Se spesso attribuisco ciò che accade a qualcosa che non dipende dai miei sforzi, propenderò a subire tutto ciò che mi accade sviluppando un forte senso di incapacità. Se al contrario considero possibile qualcosa, aumento le possibilità di realizzarlo efficacemente. Se mi comporto come se fossi una persona che piace, è molto probabile che lo diventerò, se mi comporto come persona da rifiutare, otterrò il rifiuto. “Il creare dal nulla è un processo che parte dalla mente dell’individuo, si estende ai suoi comportamenti e atteggiamenti e da origine a sequenze di interazioni con il mondo” (Nardone, 2014).

Non intendo certo passare il messaggio che attraverso il “pensare positivo”, possiamo raggiungere l’impossibile ma conoscere questi fenomeni può aiutarci a mettere in discussione aspettative negative e orientare i nostri comportamenti. Dovremmo abituarci a mettere costantemente in discussione le verità rassicuranti e coltivare la flessibilità.

Dott. Paolo Fratagnoli Psicologo e Psicoterapeuta specialista in Psicoterapia Breve Strategica ad Arezzo e Asciano (SI)

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Riferimenti bibliografici

Nardone, G., 1994- L’arte di mentire a se stessi e agli altri. Ponte alle grazie.

Milanese, R., Milanese, S., 2015- Il tocco, il rimedio, la parola. Ponte alle Grazie

Watzlawick, P., 1988- Il codino del barone di Munchhausen. Psicoterapia e realtà- Feltrinelli